la donna è donna

«io ti conosco da un sacco di tempo. io so che esci da lavoro tutti i giorni a mezzogiorno e che entri in agitazione per uscire dalla porta girevole ma poi ti spingono dentro e 3 secondi dopo scappi fuori. e poi io ti seguo quando vai a pranzo e so che per te è una buona giornata se compri un giornaletto rosa da quel giornalaio. e so cosa ordini, e so che ogni mercoledì vai dal parrucchiere e che… che ti compri unno di quelli spaccagengive prima di andare a lavoro. e so che odi il tuo lavoro e che non hai molto amici. e che a volte ti senti un po’ scombinata e non ti senti euforica come tutti gli altri perché… ti senti sola e… e io ti amo. io ti amo e secondo me tu sei la più bella invenzione dopo il profiterole. e credo che mi verranno le convulsioni se non potessi avere quel primo bacio. e non sarò mai e poi mai distaccato e tornerò da te domattina e ti telefonerò se melo permetterai. ma continuo a non bere caffè» (la leggenda del re pescatore). essere donna. dovrebbero cominciare così le notizie alla tv, senza pensare alle donne private di diritti, a quelle troppo manager o a quelle che lottano per le proprie ragioni… no, “essere donna!”, quello che io non so. so che le donne, quelle che si sentono tali (e che le fanno sentire tali), procreano, indossano tacchi a spillo e ondeggiano le loro forme perfette tra le braccia di un uomo, ma io non sono donna! io sono la piccola sev, la piccola, piccolissima sev, trasparente e sempre così ingombrante. il mio corpo si è arrestato a dieci anni… invecchierò, senza che nessuno se ne sia accorto e marcirò, appesa a quel ramo ancora acerba, ancora verde. donne come me, senza femminismo, perché di femminile non hanno che il nome, senza tacchi a spillo e senza sensualità. ecco, così, donne goffe, imbranate, impacciate, ridicole, come lydia sinclair nella leggenda del re pescatore, donne non donne, anche per loro è l’otto marzo? (8 marzo 1999)

sév

preferisco il rumore del mare

m. è appena andata via, e immediatamente è venuto a farmi compagnia in questa stanza il ricordo di p.: l’immagine di una ragazzina di 16 anni, 17, 18… i suoi cambi di umori improvvisi, le sue speranze affondate dentro una bottiglia di vetro… le fughe, i suoi sogni trascritti nelle pagine di un diario e la voglia di crescere nell’attesa di un cambio di vento improvviso che la trascinasse dritta nelle sue braccia. è strano ricordare quel periodo, quelle estati… quello stadio interminabile della mia vita. sembra sia trascorso un secolo o addirittura due… e invece sono passate solo poche stagioni, è passato l’ amore per p. ed è passato anche quest’altro anno. cosa mi è successo? dove son finiti tutti quei sogni? io volevo solo che p. fosse felice, volevo sacrificare la mia felicità per la sua. non volevo nessun altro… ed ora? non me ne importa niente di quest’angelo scolpito dal canova. perché? che fine hanno fatto i miei fogli scritti, l’entusiasmo di aspettare il ronzio della sua moto sulla spiaggia… sento di aver sprecato solo tempo… di aver vissuto un’adolescenza a metà, mentre invece avrei potuto vivere frivolamente come le mie coetanee e chissà, forse oggi sarei stata una donna coerente e matura invece di correre ancora tra i mulini a vento. come è possibile che abbia dimenticato tutte le mie promesse, come ho potuto mandare al diavolo tutte quelle emozioni dentro di me? so che forse ti scapperà qualche lacrima leggendo questa lettera: prendi allora due sassi, di quelli che non hai mai lasciato al bivio, stringili tra le mani e senti l’odore del mare. (14 luglio 2001)

sév

così fan tutte

non esiste persona al mondo più odiosa di una donna che è appena stata lasciata dal compagno. se avete qualche amica in questa situazione, vi prego, ignoratela, lasciatela sobbollire nel suo brodo. vi fa pena, lo so, ma fidatevi: lasciatela perdere. all’inizio vi stresserà, lagnandosi, raccontandovi tutti i particolari della propria storia, parlandovi di quanto è dolce lui, di quanto è affettuoso, di quanto è tenero, poi man mano che passeranno i giorni, i mesi, le stagioni, diventerà sempre più acida, scontrosa, invidiosa, capricciosa e sarete voi amici a non poterne più di lei, perché vi parlerà sempre di lui, ma con toni meno romantici (bastardoooooo!) e sempre più incazzati. in amore e in guerra tutto è lecito e voi in tutto questo non siete che parte attiva in una strategia studiata a tavolino per riconquistarlo, perché ogni donna che perde un uomo ha un unico obiettivo: riprenderselo. è una legge matematica, un assioma infallibile che non ha eccezioni. a tutte le donne capita di comportarsi così, prima o poi. anche quelle che adesso fanno la parte delle confidenti, sorbendosi le lagne delle proprie amiche, alla prima occasione passeranno dal ruolo di chi consola a quello di chi si lamenta. è una questione di orgoglio femminile, di rivendicazione della propria sessualità. chi è lui per farmi questo? e così incomincia una lunga strategia di riconquista nei confronti di qualcuno che forse non è neanche così importante, ma che ha osato lasciarci, rifiutarci, negarci. i metodi possono essere vari: si va dall’indifferenza (dimostrandogli la nostra superiorità), alla gelosia (dimostrandogli che ci mettiamo un attimo a trovarci un altro). oppure c’è l’atteggiamento “restiamo amici” (rodendo), il pedinamento morboso (comportandosi come se non ci fossimo mai lasciati), l’attesa costante (complesso di penelope). il fine giustifica i mezzi, no? il problema si fa più complesso, quando è lui che si è trovato un’altra, magari più giovane e più carina (ma soprattutto molto più rilassata emotivamente) di noi. come si è permesso? non è lui ad essere stato ripudiato, non è lui a soffrire, e non è lui che deve trovarsi un’altra. lui deve restare solo e capire cosa si prova a non avere accanto qualcuno, deve “sentire la differenza” (scusate, ma questa cosa me la sarò sentita dire dalle amiche decine di volte senza mai capire che cavolo voglia dire). molto spesso, poi, quando si riesce nell’obiettivo, saremo noi a chiudere dopo poco la storia definitivamente. perché? perché ci piace giocare, perché siamo streghe e perché il nostro unico desiderio era farlo cadere a nostri piedi per poi essere noi a spezzargli il cuore, quando avremo trovato un giocattolo nuovo che ci soddisfa di più.

séverine

un’altra donna

chissà cosa aveva, lei, la donna prescelta. quali capelli, quali occhi, quale sorriso. è di un’intelligenza, sensibilità fuori dalla norma. chissà come camminava, come parlava, come lo guardava. sarà rimasto colpito a prima vista da quest’angelo o avrà imparato a vivere di lei giorno per giorno? chissà cosa prova, mentre le sta accanto e la stringe… chissà quante volte l’avrà guardata in quel modo, parlato con quel tono… e lei che vive di tutto ciò, che se nutre chissà se ha mai pensato di essere la prescelta, di essere così importante… ed io la invidio… non per l’uomo che le sta vicino, ma per essere la donna che io non sarò mai: la sua. (autunno 1999)

séverine