lettre à roberto

questo maledetto orologio biologico sembra una bomba ad orologeria (tic-tac, tic-tac,…) pronta a scoppiare (boooom)  e ogni mese sai che una parte di te ti sta abbandonando e che hai sempre una chance in meno. poi, in realtà, non hai mai nemmeno sentito questo istinto materno così forte. non ha mai “desiderato” diventare mamma. ne hai anche sofferto di questa cosa, perché le tue amiche per strada si soffermavano a guardare i marmocchi nei passeggini (ahwn) e tu i cani a guinzaglio (bau bau). pensavi che qualcosa in te non andasse, perché “sei una donna e biologicamente una donna è fatta per procreare e crescere figli”… ne soffrivi, perché una donna “deve” sentire l’istinto materno, almeno è questo che ti è sempre stato detto. ricordi, le bambole che  chiamavano mamma, i passeggini a misura di bimba, i bambolotti che facevano pipì…? tutta una serie di elementi che hanno coronato la tua infanzia, mentre tu preferivi far fare cose sconce a ken e barbie dentro il barbieletto (pofpof) invece di improvvisarti a fare la piccola mamma dei tuoi giocattoli. e le amiche ti dicevano “quando ti innamorerai della persona giusta allora vorrai avere un figlio…” (bla-bla-bla), ma tu la persona giusta pensavi di averla già trovata, sicché com’era possibile che non sentissi questo bisogno?  poi a un certo punto, dopo i trenta, hai iniziato a sentire il rumore di una sveglia nelle orecchie (tic-tac, tic-tac) e ti sei accorta che il tempo stava per scadere (driiin)…. forse quell’uomo non era la persona giusta, e quell’istinto materno non lo hai ancora del tutto trovato in te, ma una voce martellante nella testa ti ammonisce come un monaco trappista, ripetendoti imperterrito “ricordati che devi morire”. e non solo te ne ricordi, ma ti ricordi che stai invecchiando, ti ricordi che sei già in fase calante, che le tue ovulazioni mese per mese diminuiranno (plin) finché un giorno spariranno del tutto (plop). e a quel punto anche il piacere si ridurrà, sentirai meno interesse sessuale (puf puf), inizierai ad ingrassare come una vacca e le tue ossa scricchioleranno per l’osteoporosi (crack). e così ti chiedi: finora cosa hai realizzato? niente. niente, né professionalmente, né sentimentalmente. e ti accorgi che forse tutto sommato quei marmocchi non sono così malacci quando sputacchiano pappa (ptuh) e quando frignano tutta notte (uehhh, uehhh, uehhh) e non sembrano più nemmeno patetiche quelle coppie che portano i poppanti la domenica al mare (quash), che fino a qualche tempo fa tanto ti impietosivano (bleah). ma a questo punto della tua storia non hai nessuno. e non hai nemmeno una casa, un lavoro, un minimo di sicurezza economica. senti solo che sta scadendo il tuo tempo (gong) e che la sabbia nella clessidra scende sempre più veloce. che fare (hmmmm)? aspettare la persona giusta  che potrebbe arrivare quando è ormai troppo tardi, o realizzare il sogno della maternità col primo che capita a discapito dell’amore?  personalmente scelgo la prima opzione (doki doki), malgrado tutto. “che cos’è dunque il tempo? se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più” (agostino d’ippona – le confessioni).

séverine

preferisco il rumore del mare

m. è appena andata via, e immediatamente è venuto a farmi compagnia in questa stanza il ricordo di p.: l’immagine di una ragazzina di 16 anni, 17, 18… i suoi cambi di umori improvvisi, le sue speranze affondate dentro una bottiglia di vetro… le fughe, i suoi sogni trascritti nelle pagine di un diario e la voglia di crescere nell’attesa di un cambio di vento improvviso che la trascinasse dritta nelle sue braccia. è strano ricordare quel periodo, quelle estati… quello stadio interminabile della mia vita. sembra sia trascorso un secolo o addirittura due… e invece sono passate solo poche stagioni, è passato l’ amore per p. ed è passato anche quest’altro anno. cosa mi è successo? dove son finiti tutti quei sogni? io volevo solo che p. fosse felice, volevo sacrificare la mia felicità per la sua. non volevo nessun altro… ed ora? non me ne importa niente di quest’angelo scolpito dal canova. perché? che fine hanno fatto i miei fogli scritti, l’entusiasmo di aspettare il ronzio della sua moto sulla spiaggia… sento di aver sprecato solo tempo… di aver vissuto un’adolescenza a metà, mentre invece avrei potuto vivere frivolamente come le mie coetanee e chissà, forse oggi sarei stata una donna coerente e matura invece di correre ancora tra i mulini a vento. come è possibile che abbia dimenticato tutte le mie promesse, come ho potuto mandare al diavolo tutte quelle emozioni dentro di me? so che forse ti scapperà qualche lacrima leggendo questa lettera: prendi allora due sassi, di quelli che non hai mai lasciato al bivio, stringili tra le mani e senti l’odore del mare. (14 luglio 2001)

sév

l’arrivée d’un train à la ciotat

eccomi qui. buttata ancora su un treno, con le mie ansie, le mie paure, questa insicurezza che permane. fra poco di nuovo a casa! il paesaggio scorre in senso contrario ai miei occhi… un tunnel, un po’ di blu, una nuvola e ancora il sole. sono in treno e scrivo. esserci e scrivere. già mi è capitato in passato, ma fino a che punto?! c’è vuoto, tutto scorre, eccetto me che sono seduta a scrivere. persino i miei pensieri non riescono a superare la penna che passa, macchia e poi fugge verso il rigo successivo. come al solito ho perso i documenti. sono anonima, clandestina. fra un paio d’ore sarò arrivata a casa. libera di nuovo o schiava di me stessa? mi propongo sempre delle scelte inutili,  perché tanto non mi trovo mai nella situazione di scegliere. gli appennini passano: è il tratto più lungo. anche la gente passa nel corridoio. il tempo no, quello non passa mai.

14 giugno 1998

Séverine

stand by me

lettera dopo lettera, parola dopo parola, lacrima dopo lacrima. sorrisi, pianti, secondi hanno fatto in modo che il tempo passasse. passasse e andasse via. via dove nessuno lo può trovare. via, però, portò anche te, portò il tuo sorriso, i tuoi occhi, la tua immagine, ma non il mio dolore, le lacrime e le parole che continuo a scrivere, aspettando che il vento ti rubi al tempo e ti riconduca a me.

(primavera 1990)

séverine