il sapore della ciliegia

ci sono cibi affettivi, quelli legati ad un momento particolare della mia vita. sono quelli che mi tengono allacciata al passato, ormai remoto, da cui, però, non riesco a separarmi. sono alimenti che rispondono al desiderio di far rivivere un’emozione ancora una volta, portando a galla un ricordo gustativo che passa attraverso i denti, la lingua, il palato, la gola… in questo modo m’illudo di prolungare delle sensazioni già provate in precedenza, percependo qualcosa che va al di là del semplice assaggio. sono capace di nutrirmi per settimane o mesi solo con pop corn, amarene e con quintali di gelato. ne sento il bisogno! e poi ci sono gli odori, i profumi, i detergenti per la casa: il bagnoschiuma, il detersivo per la lavatrice, quello per i pavimenti. c’è il gelsomino, la lavanda, il talco, la vaniglia, la mandorla… ogni fase significativa della mia vita è stata accompagnata da un particolare odore. per mesi il mio appartamento è stato profumato di pesca: i miei vestiti, il mio corpo, i miei pavimenti… tutto sapeva di pesca. era un’essenza penetrante, avvolgente che si avvertiva appena si varcava la porta d’ingresso e che copriva qualsiasi altro odore. allo stesso modo ci sono cibi non riesco più a  mangiare, alcoolici che non sono posso più bere, unguenti che non posso più indossare perché ogni essenza, ogni sapore è legato ad un’età, ad una casa, ad un uomo… e quando qualcosa in quest’armonia viene meno questa fragranza e quest’aroma scompaiono dalla mia vita per sempre. «…così ora tutti i fiori del nostro giardino e quelli del parco di swann, e le ninfee della vivonne e la buona gente del villaggio e le loro casette e la chiesa e tutta combray e i suoi dintorni, tutto quello che vien prendendo forma e solidità, è sorto, città e giardini, dalla mia tazza di tè» (marcel proust – la strada di swann).

séverine